I mercoledì di Scienze politiche
Discussione a partire dal volume di Raffaele Cantone e Enrico Carloni
Corruzione e anticorruzione. Dieci lezioni. (Feltrinelli, 2018)
Interventi:
Raffaele CANTONE, Presidente Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC)
Enrico CARLONI, Università di Perugia
Nando DALLA CHIESA, Università di Milano
Coordina:
Alessandra PIOGGIA, Università di Perugia
Martedì 19 febbraio 2019
Dipartimento di Scienze Politiche
Introduzione al convegno
a cura di: Jennifer Regnicoli – tirocinate della Redazione di Dipartimento
Martedì 19 febbraio 2019 si è svolto il primo incontro dei Mercoledì di Scienze Politiche che aveva come tema la corruzione e l’anticorruzione. La discussione si è svolta intorno al volume di Raffaele Cantone ed Enrico Carloni dal titolo “Corruzione anticorruzione. Dieci lezioni”. Sono intervenuti Raffaele Cantone (Presidente Autorità Nazionale Anticorruzione), Enrico Carloni (Università di Perugia), Nando Dalla Chiesa (Università di Milano) e presiede l’incontro la professoressa Alessandra Pioggia dell’Università di Perugia. Apre il dibattito Alessandra Pioggia affermando che nel concludere l’introduzione al saggio, Raffaele Cantone ne esplicita l’obbiettivo: contribuire a cambiare in meglio il nostro paese. Un obbiettivo ambizioso, che guida chi spende il proprio tempo di vita professionale in un’impresa che non ha precedenti nel nostro sistema istituzionale come Raffaele Cantone, ma che ispira anche chi si occupa di ricerca e formazione a livello accademico e contribuisce alla crescita intellettuale delle generazioni che parteciperanno alla vita sociale ed economica del nostro paese, come il professor Carloni. L’ impresa a cui è chiamata l’autorità Anticorruzione non è solo quella di guidare una nuova stagione di contrasto alla corruzione, ma è anche quella di avviare una trasformazione culturale soprattutto nell’ amministrazione. Nando Dalla Chiesa ha fatto riferimento alle ricadute molto estese che ha la corruzione, per esempio nella politica e nell’ economia. Partendo dal presupposto che bisogna cominciare a parlarne nelle scuole per formare i futuri i cittadini, viene da osservare che l’Italia è l’unico paese del mondo che abbia prodotto una sua legislazione per l’educazione alla legalità (a partire dal 1980 dopo l’assassino di Pier Santi Mattarella). Esso fu il modo in cui il mondo politico cercò di rispondere a ciò che era accaduto, ovvero investendo sulle nuove generazione. Sono passati quasi 40 anni di educazione alla legalità, ma Nando Dalla Chiesa si chiede perché il paese è più corrotto di prima e un altro quesito è il perché tra trasparenza e privacy vince sempre quest’ ultima. Cantone risponde che in questo paese c’è la necessità di ricostruire e rafforzare un insieme di infrastrutture etiche. Ci ripetiamo sempre che dobbiamo ripartire dalle scuole ma non si intravede ancora quel cambio di passo. Cantone non è così pessimista nel dire che forse siamo peggio di 40 anni fa, anzi abbiamo molta più consapevolezza, anche grazie a quel poco di educazione alla legalità, ma essa non si può solo insegnare a parole ma bisogna che ci siano anche i fatti. Il tema della trasparenza è un tema centrale, non è un’attività che serve semplicemente a imporre oneri burocratici all’ amministrazione, essa tende a stimolare quella partecipazione dei cittadini e con il ruolo attivo dei cittadini che davvero rappresenta il meccanismo di responsabilità. E’ uno strumento educativo eccezionale (la vera trasparenza è iniziata nel 2013), ha il grande vantaggio di trasformare le persone da sudditi in veri e propri cittadini così da poter controllare se l’amministrazione lavora davvero per questi ultimi. La privacy riguarda solo i dati individuali che non possono essere resi pubblici, ma la trasparenza resta un principio indiscusso della democrazia. Carloni parte dal fatto che nel fondare il concetto di privacy, a fine 800, un avvocato americano affermò che in ogni caso questo diritto non avrebbe dovuto mai essere utilizzato per impedire la diffusione di informazione di interesse pubblico; il concetto di privacy, quindi, nasce per proteggere l’individuo ma mai per evitare inchieste che riguardano l’interesse pubblico. Con il tempo questo concetto si è evoluto, così è maturata la contrapposizione tra privacy e trasparenza. Un equilibrio può essere ricercato caso per caso ma dobbiamo tener conto di un problema: che la privacy ci arriva da un regolamento europeo e così in molti ordinamenti c’è uno squilibrio tra trasparenza e privacy. In Italia, poi, si ha la tendenza a utilizzare in modo strumentale la privacy per evitare la conoscenza di un informazione di interesse pubblico. Per quanto riguarda la domanda sul perché siamo ancora un paese corrotto, il nostro è un paese che avverte il problema quando ormai il problema ha una dimensione già critica e ci si dedica ad altro perché c’è un’altra crisi in atto. Dobbiamo lavorare molto sui ragazzi ma non possiamo lasciare tutto a loro e deresponsabilizzarci. Nando Dalla Chiesa controbatte con l’affermazione che qualsiasi professione ha una propria etica. Partendo dal fatto che la corruzione non si basa più sui soldi ma si basa sui favori si chiede quali siano le soluzioni a ciò. Cantone risponde che non abbiano più a che fare solo con la mela marcia, ma dobbiamo occuparci dell’ organizzazione; vi sono energie positive, ed il tentativo che si porta avanti, è quello di allertare meglio questo organismo in modo che poi sia messo in condizione di sviluppare delle strategie di contrasto e contenimento ed evitare che si verifichino fatti di corruzione. Cantone afferma che ci sono stati dei cambiamenti, ma è anche convinto che la corruzione come sistema organizzato sia certamente una delle realtà più preoccupanti, soprattutto nella parte di paese che conta davvero (nel caso Expo non c’è stato uno scambio di soldi, ma uno scambio di favori). Si può intervenire mettendo insieme una serie di strategie: prima di tutto lavorando sull’organizzazione amministrativa e far sì che il sistema della prevenzione funzioni. Con un cocktail di misure si può intervenire anche sugli strumenti organizzativi rendendo più difficile il verificarsi della corruzione e facendo sì che poi i meccanismi di repressione siano efficaci. Quello che funziona davvero è il meccanismo di controllo civico. In conclusione, quando proveremo a spiegare che la corruzione fa danno soprattutto a chi con la corruzione non ha nulla a che vedere, perché questa porta ad una perdita di competitività del paese, perdita di concorrenza e di investimenti, allora la corruzione potrà essere effettivamente estirpata.
Video della presentazione