Libere unioni e nuove genitorialità

I Mercoledì di Scienze politiche

Discussionea partire dal libro di Alessia Valongo
Nuove genitorialità nel diritto delle tecnologie riproduttive
(Napoli, ESI, 2017)
Presiede:
Alessandra BELLELLI, Università di Perugia
Interventi:
Giovanni PERLINGIERI, Università della Campania Luigi Vanvitelli Francesco PROSPERI, Università di Macerata
Alessandra PIOGGIA, Università di Perugia
Maria Giuseppina PACILLI, Università di Perugia

Introduzione al convegno

a cura di: Jennifer Regnicoli   – tirocinate della Redazione di Dipartimento

Il 12 Dicembre si è svolto il seminario conclusivo dei “Mercoledì di Scienze Politiche” dal titolo “Libere unioni e nuove genitorialità”. Sono intervenuti Giovanni Perlingieri dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Giuseppe Recinto dell’ Università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale, Francesco Prosperi dell’ Università di Macerata, Alessandra Pioggia dell’ Università di Perugia, Maria Giuseppina Pacilli sempre dell’ Università di Perugia ed infine ha coordinato la discussione Alessandra Bellelli dell’ Università di Perugia. L’occasione per parlare di questo tema si è presentata grazie al libro di Alessia Valongo che raccoglie i risultati di una ricerca che tocca questi temi con capacità di esaminarli sotto vari punti di vista. Per nuove genitorialità si fa riferimento alle libere unioni,ma se pensiamo alle convivenze di fatto non si può parlare di nuove genitorialità, perché con la legge della filiazione del 2012, non abbiamo nuovi genitori,in quanto cambia solo lo status di figlio poiché ora tutti hanno gli stessi diritti a prescindere dal rapporto che intercorre tra i genitori. Di nuove genitorialità dobbiamo parlare con riguardo ai figli che nascono da tecniche di riproduzione medicalmente assistita e in particolare quando il genitore è tale anche se non è il genitore biologico, infatti la Corte Costituzionale ha ammesso nel nostro ordinamento anche la fecondazione eterologa. Esiste il problema della filiazione nel ambito delle coppie omosessuali,  anche se in realtà i figli avuti all’ estero ottengono anche in Italia lo stesso riconoscimento . Queste tecniche di fecondazione medicalmente assistita comportano una serie di problemi:  tra i quali la violazione o meno dell’ ordine pubblico (principi costituzionali). Essi vengono discussi dalla Cassazione che ha dato una soluzione di apertura e di riconoscimento dello stato di figlio ,garantito all’ estero, concentrandosi sull’interesse dei minori (stabilità e continuità degli affetti), anche se per quanto riguarda la maternità surrogata la questione è più delicata perché si tende a guardare alla dignità della donna. Giovanni Recinto volge la sua attenzione alle affinità tra matrimonio e unione civile. L’applicazione di queste norme non deriva tanto dalla similitudine tra matrimonio e unione, ma perché i principi normativi di riferimento sono gli stessi,quindi,valutando caso per caso, non si può escludere nell’ unione la presenza di eventuali figli ( anche adottati) e la loro conseguente tutela. Prosperi afferma che le modalità costitutive del rapporto di filiazione per via delle tecnologie riproduttive sono molto diversificate. La maternità surrogata è formalmente proibita e anzi sanzionata penalmente dalla legge del 2004 perché lede la dignità della donna. E’ molto facile eluderla, perché la sanzione penale non è applicabile se una coppia di coniugi la utilizza all’estero e una volta ottenuto il certificato la registrazione in Italia avviene di conseguenza. E’giusto tener distinti il fenomeno della maternità surrogata da situazioni solo apparentemente simili,come nel caso della fecondazione in vitro, essa non è un caso di maternità surrogata perché, quest’ultima prevede che ci sia la scelta di una donna di portare a termine la gravidanza con ovulo proprio fecondato dal compagno della donna committente, o l’ovulo donato da una terza donna per conto di un’altra coppia che può essere omosessuale maschile mentre non è cosi per la coppia omosessuale femminile. Nell’ nostro ordinamento si da maggior importanza alla donna che partorisce e la maternità surrogata viene vista come una lesione grave della dignità, anche se il diritto europeo riconosce il rischio che si possa ledere lo status di figlio perché ad esso verrebbe a mancare il legame di parentela che costituisce una parte importante della propria identità. Quindi si può giungere alla conclusione che è necessario riconoscere lo status di figlio anche se è nato da maternità surrogata perché si rischia di creare un trauma nel minore che vedrebbe sottrarsi la figura di riferimento. Alessandra Pioggia ci dice che le norme devono avere un approccio mite e sobrio soprattutto quando hanno a che fare con la parte più intima della persona. Un diritto fatto di regole ed eccezioni in cui trovi spazio la diversità che sta dietro ogni percorso di vita, mentre la società si trasforma, il diritto ha il compito di guidare questa trasformazione cercando di evitare le disuguaglianze. Questo rapporto non è scontato, perché il diritto è formato dalla società e al tempo stesso guida la società e una delle vicende in cui questa complessità emerge è quella che riguarda la procreazione medicalmente assistita, in particolare la fecondazione eterologa che porta con se due grandi divieti: la gestazione per altri e la genitorialità omosessuale. L’idea di maternità alla quale resta agganciata la norma, non prevede l’autodeterminazione della donna, così si crea un ostacolo per il riconoscimento di nuove genitorialità che viene riconosciuta solo nella coppia eterosessuale. Per progredire verso nuove forme di genitorialità,occorre riconoscere alla donna una propria specificità nel percorso procreativo che non è una questione di salute ma solo di autodeterminazione distinguendo la maternità dalla genitorialità di coppia. La prima cosa che occorre è che la donna possa scegliere di diventare madre senza partorire, come il caso della coppia lesbica, e la possibilità di mettersi a disposizione di un’altra donna in nome della salute e dell’ autodeterminazione. Giusi Pacilli afferma che deve esserci un concetto di genitorialità universale, valido per tutte le società. Lo stato di genitore non può essere cristallizzato perché è dinamico e plurale. La genitorialità non deve essere definita in base a una dimensione fisica e genetica, ma in base a una dimensione relazionale e culturale,essa è una costruzione sociale. E’ importante riconoscere che l’identità di un individuo non è l’essenza molecolare, ma è legata a un processo continuo di auto scoperta attraverso le relazioni nelle quali siamo inseriti e sono quest’ultime, che definiscono le nostre origini e non il nostro corredo genetico. La psicologia ha seguito le dinamiche riguardati i figli delle coppie omosessuali e ha dimostrato che essi non presentano elementi problematici rispetto a bambini cresciuti in coppie eterosessuali, quindi non è l’orientamento sessuale che deve definire le competenze genitoriali di una persona.

Intervista a Alessandra Pioggia, Università di Perugia

Video completo del convegno