I Mercoledì di Scienze politiche
Interventi:
Marcello DI FILIPPO, Università di Pisa
Mario MORCONE, CIR-Consiglio Italiano Rifugiati
Alessandra TESTONI, AICS -Agenzia Italiana Cooperazione allo Sviluppo
Coordina:
Amina MANEGGIA, Università di Perugia
Introduzione al convegno
a cura di: Jennifer Regnicoli – tirocinate della Redazione di Dipartimento
Il seminario che si è tenuto mercoledì 14 novembre è incentrato sul tema delle migrazioni, in modo particolare ci si domanda se sia possibile governarle. Coordina il seminario Amina Maneggia dell’ Università di Perugia e sono intervenuti il professor Marcello Di Filippo dell’ Università di Pisa, Mario Morcone direttore della ONG CIR e infine Alessandra Testoni che opera per l’agenzia italiana per lo sviluppo e della Cooperazione Internazionale. Apre la discussione Amina Maneggi parlando della problematica della gestione dei flussi migratori che è al centro del dibattito nazionale e internazionale. Secondo le Nazioni Unite il numero di migranti internazionale nel mondo, in crescita costante negli ultimi anni, nel 2017 ha raggiunto i 258 milioni. Si deve fare una distinzione in quanto tra questi 258 milioni, la stragrande maggioranza (230 milioni) sono considerati migranti economici (volontari) e 25,4 milioni sono rifugiati richiedenti asilo in fuga da persecuzioni e guerre (forzati). Quindi partendo dal presupposto che governare queste migrazioni è necessario dobbiamo domandarci come possiamo governarle, a chi spetta farlo, con quali strumenti, se questi ultimi,a livello nazionale e internazionale,sono adeguati, quale ruolo ha la Cooperazione umanitaria. La distinzione tra questi migranti è assai difficile in quanto è dovuta al carattere misto dei flussi migratori e ci si deve chiedere quale sia la linea di confine,essa è assai importante da mantenere perché a seconda della categoria a cui si appartiene sono previsti diversi regimi giuridici che possono essere applicabili ad alcune categorie e non ad altre. La distinzione tra categorie di migrante e l’individuazione di tipologie di protezione da applicare sono esse stesse degli strumenti di gestione del fenomeno migratorio. Il termine “governare le emigrazioni” richiama l’esercizio di una autorità, che è un potere principalmente statale ed è quindi compito dello Stato. Deve esserci un bilanciamento tra esigenze diverse da esercitare insieme a livello internazionale tra il potere sovrano dello Stato e il dovere di ogni Stato di contribuire alla soluzione di fenomeni globali. Interviene Marcello di Filippo ed afferma che governare le migrazioni è praticamente impossibile perché sono un fenomeno di una complessità unica che cambia in continuazione sotto i nostri occhi. Il punto è non farsi governare, non subire al 100% le dinamiche più o meno spontanee dei flussi migratori. Si possono concepire una serie di interventi per fare in modo che i flussi non lascino le società in balia degli eventi. Per provare a non farsi governare dai flussi è necessaria una strategia a multilivello, è necessario il concorso di più soggetti, è fondamentale l’intervento gli Stati, delle Organizzazioni Internazionali (Nazioni Unite, FAO, OMS), non bisogna dimenticare la dimensione locale (regioni e comuni) e gli individui (scuole e università). Queste questioni vanno affrontate altrimenti se nascoste, possono esplodere in tensioni sociali in quanto il sentimento di solidarietà cambia a seconda delle circostanze (non si può fare appello solo ad essa, va dosata). I migranti sono titolari di diritti e non si possono negare solo perché non hanno un permesso di soggiorno, nonostante ci definiamo patria dei diritti umani siamo un po’ più restii a concederli quando questi vengono rivendicati da migranti. Nessuno Stato può obbligare un altro Stato a fare ciò che è nell’ interesse del primo, se vogliamo ottenere aiuto, dobbiamo tener presente che siamo in un ambiente diplomatico. Fino a pochi anni fa c’era una esagerata infatuazione per l’Unione Europea, perché ci si aspettava grandi cose, ora invece è tutto il contrario e uno dei motivi di questa crisi è l’incapacità di gestire i flussi migratori degli ultimi anni. Cosi è prevalsa l’idea che le decisioni si fanno quasi esclusivamente tra governi e ciò ha portato a una paralisi su una serie di argomenti molto spinosi, ma nonostante gli interessi degli Stati membri non sono identici, quel poco che ha funzionato è servito per non farsi governare dai flussi migratori poiché essi continueranno perché ci saranno ancora disuguaglianze. Mario Morcone ricorda che con la tragedia di Lampedusa dell’ Ottobre 2013, la morte di 363 persone ha destato le coscienze che ha portato a grandi gesti umanitari ( Operazione Mare nostrum) che ha portato al salvataggio di migliaia di persone in mare attraverso il dispositivo navale della nostra Marina Militare che si trasformò in una operazione internazionale chiamata Triton nel 2014 ma la clausola con la quale era stata approvata l’operazione prevedeva che tutte le persone salvate dovevano essere portate in Italia, portando a imponenti ondate di arrivi. L’Europa ha provato a costruire una politica comune sul tema dell’ immigrazione e nel 2015 nasce l’Agenda Junker che prevede solidarietà da parte degli Stati Europei nei confronti di Grecia e Italia (i paesi di Visegràd, Inghilterra e Danimarca si tirarono indietro). L’ Italia resiste attraverso un accordo tra Stato e regioni per distribuire i migranti sul territorio. Nel 2017 per vincere di nuovo le elezioni alcuni paesi europei ma anche alcuni sindaci in Italia decidono di tirarsi indietro sugli accordi precedentemente presi. Con il cambiamento del governo italiano si tenta la strada della stabilizzazione della Libia per fermare i flussi e si aprono i canali umanitari. La nuova normativa è un enorme passo indietro perché rompe le intese con le regioni , abolisce protezione umanitaria e il rischio è che si aumentino l’irregolarità e forme di radicalizzazione. L’ultima ha prendere la parola è Alessandra Testoni e pensa che l’emigrazione non sia un emergenza ma un fenomeno globale che va governato, gestito politicamente, ma non nell’ ottica dell’ emergenza. L’Europa e l’ Italia avviano dei fondi di investimento pubblico-privato per l’ Africa creando impiego e sviluppo. Bisogna capire che quelli che partono sono quelli che se lo possono permettere perche hanno messo da parte dei soldi, ma partono anche per pressione sociale e per vergogna poiché il migrante nel preciso momento in cui diventa tale assume uno status migliore dentro la comunità perché vuol dire che ha una prospettiva e se rimane non ce l’ha.
Intervista a Alesssandra Testoni, AICS -Agenzia Italiana Cooperazione allo Sviluppo
Intervista a MarioMORCONE,CIR-Consiglio Italiano Rifugiati
Video completo del convegno