Lo Stato sociale in trasformazione

I Mercoledì di Scienze Politiche

Lo Stato sociale in trasformazione

31 ottobre 2018

Discussione a partire dal volume di Maurizio Cinelli e Stefano Giubboni
Lineamenti di diritto della previdenza sociale
(Cedam – Manuali di Scienze giuridiche, 2018)

Interventi:
Ugo ASCOLI, Università Politecnica delle Marche
Pietro COSTA, Prof. Emerito, Università di Firenze
Loreto DI NUCCI, Università di Perugia
Giulio PROSPERETTI, Giudice della Corte Costituzionale

Introduce e coordina:
Ambrogio SANTAMBROGIO, Università di Perugia

Presentazione incontro:

Il seminario che si è tenuto mercoledì 31 Ottobre ha avuto ad oggetto le trasformazioni dello Stato sociale, a partire dal volume di S. Giubboni e M. Cinelli, Lineamenti di diritto della previdenza sociale, Cedam, 2018. Loreto Di Nucci ha introdotto il tema parlando delle varie fasi che hanno portato alla nascita dello Stato sociale, partendo dal sistema bismarckiano nella Prussia dell’ dell’ 800, passando per il modello fascista e nazionalsocialista, alla quale si aggiunge il modello inglese che prese il nome di “Piano Beveridge” fino a giungere al vero e proprio Stato sociale costituitosi in Italia dopo la caduta del Fascismo e la fine della guerra: secondo Di Nucci il meccanismo ha potuto funzionare perché le risorse non venivano tolte a nessuno e si finanziava “a deficit”, fino a che la situazione non è diventata insostenibile e ci ha condotto alla situazione odierna. Il professore conclude il suo intervento ponendo due domande importanti: l’Italia, nella situazione attuale, si può permettere ancora un Welfare State? In caso affermativo, come lo si può fare. Dopo l’intervento di Pietro Costa, che ha ricostruito da diversa angolazione il percorso di formazione del welfare state italiano, una prima risposta è arrisvata da, per il quale un nuovo Stato sociale è possibile per l’Italia di adesso, ma è anche vero che ci sono molte colpe che vanno distribuite ai vari protagonisti. Secondo Ascoli il Welfare State non ha dei costi cosi esagerati, e purtuttavia non si riesce a trovare una soluzione per risolvere il problema della disuguaglianza, che anzi molto spesso si accentua. A fronte di quelli che i sociologi identificano come i “nuovi rischi sociali”, l’Italia non è stata in grado di operare una ricalibratura, cioè una riorganizzazione del Welfare, per affrontare i nuovi problemi: in questo c’è una parte di responsabilità di tutte le componenti sociali (la politica, professionisti del welfare, associazionismo imprenditoriale, sindacati, cultura sociale in genere). Secondo Ascoli sono proprio queste colpe che hanno determinato la disuguaglianza sociale e una società impoverita. Di diverso segno l’intervento ultimo finale del giudice costituzionale Giulio Prosperetti: le istituzioni non si sono adattate alla società di oggi, perché questa è una realtà diversa rispetto a quella in cui sono nate. Noi veniamo da un welfare lavoristico, in cui il lavoro era la base per calibrare qualsiasi possibile intervento, e così è stato fino a che la disoccupazione non è diventata strutturale e il precariato non consente di guadagnare una pensione dignitosa. Egli è convinto che non dobbiamo finanziare la disoccupazione ma dobbiamo finanziare il lavoro, quindi bisogna trovare strumenti per richiamare nel nostro paese tutte quelle produzioni, che non essendo sufficientemente profittevoli, si sono spostate in paesi terzi. Più utile e umano è dare, insieme al sussidio, soprattutto il lavoro, che è la misura della dignità di una persona.

Intervista a Giulio Prosperetti, Giudice della Corte Costituzionale